Poi che gli ultimi fili di tabacco
al tuo gesto si spengono nel piatto
di cristallo, al soffitto lenta sale
la spirale del fumo
che gli alfieri e i cavalli degli scacchi
guardano stupefatti; e nuovi anelli
la seguono, più mobili di quelli
delle tue dita.
La morgana che in cielo liberava
torri e ponti è sparita
al primo soffio; s’apre la finestra
non vista e il fumo s’agita. Là in fondo,
altro storno si muove: una tregenda
d’uomini che non sa questo tuo incenso,
nella scacchiera di cui puoi tu sola
comporre il senso.
Il mio dubbio d’un tempo era se forse
tu stessa ignori il giuoco che si svolge
sul quadrato e ora è nembo alle tue porte:
follia di morte non si placa a poco
prezzo, se poco è il lampo del tuo sguardo,
ma domanda altri fuochi, oltre le fitte
cortine che per te fomenta il dio
del caso, quando assiste.
Oggi so ciò che vuoi; batte il suo fioco
tocco la Martinella ed impaura
le sagome d’avorio in una luce
spettrale di nevaio. Ma resiste
e vince il premio della solitaria
veglia chi può con te allo specchio ustorio
che accieca le pedine opporre i tuoi
occhi d’acciaio.
La poesia si apre con un interno, il poeta e Clizia stanno giocando a scacchi. L’attenzione è tutta concentrata sul gesto di spegnere la sigaretta e sugli anelli che la donna porta alle dita. Questi sono portatori di una densa simbologia magica: una costruzione di fumo, che sembra scaturire da questi incantati gioielli, si addensa nella stanza: si tratta della cittadella della Cultura, di cui la donna è la rappresentante. Ma la realtà incombe violenta, la finestra si spalanca e il miraggio è spazzato via, le vane difese vengono sopraffatte.
La guerra, o meglio, i preparativi ad essa, rappresentano la realtà esterna, una tregenda d’uomini che non sa di Clizia, non sa del suo incenso, della Cultura che ella incarna, si sta preparando a combattere sul campo. La scacchiera è quella della Storia, dove si muovono come pedine questi uomini ignari.
La donna, di fronte alla barbarie e alla violenza degli eserciti, può poco, infatti il lampo del suo sguardo risulta inattivo se ignorato e incapace di far perno sulle coscienze degli uomini. Servono altre forze, forse non migliori ma sicuramente più adatte, per fermare questa tragedia. Clizia non basta, la cultura non basta. La donna, col suo corrispettivo metaforico, resta isolata ed in costante pericolo, sotto la minaccia della distruzione fascista.
Infine c’è una risposta positiva ai dubbi passati sul ruolo della cultura. Batte il suo fioco / tocco la Martinella e le pedine atterrite, vengono come immobilizzate sotto una luce / spettrale di nevaio. E’ quella stessa ignoranza a portarli alla sconfitta, alla morte. Mentre chi, con Clizia, ha opposto gli occhi d’acciaio della cultura allo specchio ustorio della brutalità e dell’insensatezza della guerra, è riuscito a sopravvivere e a resistere non solo fisicamente ma soprattutto intellettualmente.
Oltre al già citato ruolo che barbarie e cultura hanno in uno scenario di guerra, appare opportuno far luce sul corrispettivo privato e personale della vicenda. Clizia è il senhal di Irma Brandeis, una dantista americana di origine ebraiche, la quale aveva intrattenuto rapporti culturali e privati con Montale, in seguito ad una collaborazione lavorativa presso il Gabinetto Vieusseux del quale il poeta era il direttore.
Con la promulgazione delle leggi antisemite e i preparativi per la guerra a fianco della Germania nazista, Irma era stata costretta a lasciare Firenze e l’Italia. Non è casuale, dunque, la presenza di Clizia come corrispettivo della Cultura messa in grave pericolo dalla minaccia del conflitto.
Di Fiammetta Gori